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Un bambino che non sente di avere pensieri interessanti da comunicare, che non pensa di poter dire qualcosa suscettibile di attenzione e curiosità tenderà a parlare sempre di meno, e dunque a “ragionare” con il linguaggio sempre di meno. Senza  la condizione della consapevolezza della propria intelligenza il pensiero  non intraprende i percorsi incerti e complessi che portano al ragionare, e non si struttura nelle forme linguistiche con cui si articola il ragionamento: la concettualizzazione di regolarità tra eventi, l'interpretazione di relazioni e di cause, la ricerca di generalizzazioni.

 Un riconoscimento di intelligenza, e non soltanto di soggettività, c'è quando l’adulto riconosce il valore del pensiero formulato dal bambino; non necessariamente quando l’adulto si allinea, manifesta accordo, ma quando l’adulto mostra di pensare e dare valore alle parole del bambino. Mostra di dare credito a quelle parole, prendendole come pensiero che vale la pena considerare.

Ci sono alcune espressioni con cui l’adulto può veicolare questo riconoscimento del valore del pensiero del bambino. Una di queste espressioni è “secondo te”. Abbiamo notato in alcuni studi in cui chiediamo ai bambini nei primi giorni di prima elementare di interpretare delle scritte, che se chiediamo “secondo te, che cosa dice questa scritta?” i bambini tendono di più a impegnarsi in un ragionamento. Se chiediamo semplicemente “che cosa dice questa scritta”, è più probabile che i bambini dicano “non lo so, ancora non so leggere”. “Secondo te” fa probabilmente sentire al bambino che è autorizzato a mostrare il proprio personale modo di sapere le cose.

 

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