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Proviamo a pensare come si può sentire un bambino con delle difficoltà nell’apprendimento:

si trova in un ambiente (la scuola) in cui sono proposte attività per lui complicate e difficili: “sono un incapace…per me è impossibile”

osserva che la maggior parte dei suoi compagni non hanno le sue difficoltà e ottengono buoni risultati: “gli altri sono migliori di me, non sono intelligente”

può sentire la pressione di sollecitazioni da parte degli adulti a impegnarsi di più, e quindi sentirsi in colpa e responsabile delle sue difficoltà: “non mi impegno abbastanza”

può pensare che nessuno sia soddisfatto di lui, né gli insegnanti né i genitori: “ho deluso i miei genitori, mi ameranno lo stesso?”

può pensare che a causa delle sue difficoltà i suoi compagni non lo accettino, non lo considerino parte del loro gruppo.

Spesso, avendo questi pensieri e sentimenti, i bambini non riescono facilmente a esprimerli e a parlarne apertamente, e possono invece manifestare il loro disagio attraverso comportamenti più o meno visibili, che è fondamentale riconoscere il prima possibile.

Il bambino può manifestare il suo disagio principalmente in due modi:

-      con un atteggiamento di ritiro, in cui la sofferenza è vissuta interiormente: ansia, paura, vergogna, tristezza, depressione o isolamento. Il bambino può apparire silenzioso, introverso, timido e insicuro, in una condizione emotiva di forte inibizione e chiusura.

-      con un atteggiamento impetuoso. Il bambino può apparire aggressivo, irritabile, oppositivo, può disturbare in classe, non rispettare le regole sociali. Questo atteggiamento spesso serve a mascherare i vissuti dolorosi di insuccesso, poiché il bambino, per non percepire il proprio disagio, mette in atto meccanismi di difesa, o di disimpegno, mostrandosi disinteressato allo studio (“Non eseguo il compito perché non mi interessa”) o di aggressività.

In realtà, atteggiamenti apparentemente così diversi nascondono entrambi una grande sofferenza, la sensazione di non avere valore, una scarsa fiducia nelle proprie capacità e la paura di non essere amati e accettati.

È importante, quindi, che gli adulti sappiano “leggere” questi comportamenti come espressione di un disagio emotivo, come una richiesta di attenzione e aiuto, per poterli comprendere e aiutare.

Ad esempio, di fronte a un bambino con difficoltà di lettura che con un atteggiamento oppositivo si rifiuta di leggere, l’adulto può intervenire dicendo: “capisco che ti senti arrabbiato e preoccupato e che per te non è piacevole fare questo compito, però possiamo provarci insieme…e anche se farai degli errori non ti devi preoccupare…ognuno ha qualcosa in cui riesce meno bene, io per esempio quando debbo parcheggiare la macchina…

In questo modo, il bambino sente che l’adulto è capace di mettersi nei suoi panni, di vederlo e ascoltarlo. Se il bambino percepisce che l’adulto è capace di comprenderlo, di comprendere le sue paure senza lasciarsene spaventare, acquisirà fiducia, stabilendo una relazione che permetterà all’adulto di aiutarlo ad accogliere le sue difficoltà.

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