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Il rendimento scolastico influenza, come abbiamo visto, aspetti fondamentali nella crescita del bambino come l’autostima, l’immagine di sé, la motivazione allo studio, e ne è a sua volta influenzato. L’autostima, ossia la valutazione globale di sé, è un aspetto che va sostenuto e incoraggiato il più possibile. Avere una buona autostima significa infatti sapersi apprezzare, e quindi conoscere e valorizzare i propri pregi, ma anche saper accettare realisticamente i propri limiti, cercando però di superarli con l’impegno, per quanto è possibile. A una buona autostima e immagine di sé, e a una capacità di autoregolazione emotiva è collegata una capacità fondamentale per imparare, la motivazione. |
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La motivazione consiste nella capacità di impegnarsi per imparare qualcosa, per portare a termine un compito, non scoraggiandosi di fronte alle frustrazioni e alle difficoltà. Essa dipende anche da vari altri fattori: - le aspettative di riuscita: la convinzione di essere capaci di eseguire il compito con un impegno adeguato; - il valore attribuito al compito; - le attribuzioni causali: le spiegazioni che ci si dà per i propri risultati; - la percezione di autoefficacia: la percezione della propria capacità nell’affrontare il compito; - gli obiettivi di apprendimento: gli scopi per cui apprendere; - la fiducia nella propria intelligenza, e la concezione dell’intelligenza. Tutti questi aspetti fanno parte della metacognizione, che consiste nella capacità, fondamentale nell’apprendimento, di riflettere su se stessi, sui propri stati mentali e processi di apprendimento. La metacognizione è fortemente influenzata sia da fattori cognitivi, sia dall’ambiente in cui si cresce, dai comportamenti e dagli stili educativi, dagli atteggiamenti delle persone che ci circondano, e, dunque, dalle relazioni. |
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Nei bambini con difficoltà di apprendimento, le capacità metacognitive possono risultare carenti, a causa dei problemi cognitivi, ed emotivi, che questi bambini presentano. Per questo motivo, è fondamentale promuovere strategie che permettano di migliorare le loro capacità metacognitive, aumentando così anche la motivazione allo studio.
Analizziamo meglio, dunque, questi aspetti metacognitivi. Le aspettative di riuscita consistono nella percezione di essere capaci di affrontare un compito, il valore nell’importanza attribuitagli; soltanto se entrambi gli aspetti sono positivi, ovvero se ci si sente capaci di eseguire un compito e gli si attribuisce importanza per sé e per i propri obiettivi, ci si sentirà motivati a impegnarsi per portarlo a termine. I bambini con difficoltà di apprendimento hanno debolezze in questi aspetti, e spesso non si sentono capaci di affrontare un compito, o non vi attribuiscono sufficiente valore (Wigfield e Eccles 2000, Reid e Borkowski 1987). Le attribuzioni causali sono le spiegazioni che una persona si dà per i propri risultati, e tendono ad organizzarsi nel tempo secondo un modo tipico per ogni persona, definito “stile attributivo” (Weiner 1985). I risultati scolastici possono essere attribuiti da un bambino a se stesso (causa interna), o a fattori esterni (difficoltà del compito, atteggiamento dell’insegnante); inoltre, possono essere percepiti come controllabili (e quindi modificabili) dal bambino, o, al contrario, incontrollabili e immodificabili. I bambini con difficoltà dell’apprendimento hanno la tendenza a pensare di non poter controllare i loro risultati scolastici, soprattutto gli insuccessi (Bryan e Tur-Kaspa 1993) e ad attribuirli o a una incapacità personale (che ritengono spesso stabile e immodificabile con l’impegno) o a fattori esterni (incomprensione dell’insegnante, caso o fortuna) sui quali comunque ritengono di non avere alcun controllo. Questo li porta a convincersi di non poter migliorare il rendimento con un maggior impegno, e dunque alla fuga e all’evitamento dei compiti. È fondamentale dunque modificare queste convinzioni, e promuovere nei bambini l’idea che con maggiore impegno e opportune strategie è invece possibile controllare il proprio apprendimento e migliorarne i risultati. Questo permette di migliorare anche un altro aspetto nel quale i bambini con difficoltà di apprendimento hanno delle debolezze, la percezione di autoefficacia: si sentono spesso incapaci di affrontare i compiti, e cambiare questa percezione è molto importante (Bandura 1997, Tabassam e Granger 2002). Gli obiettivi di apprendimento, ossia gli scopi per cui apprendere, vengono distinti in “obiettivi di padronanza” (studiare per se stessi, per imparare e impegnarsi in nuove sfide) e “obiettivi di prestazione” (studiare per ottenere una buona prestazione, per dimostrare che si è capaci). Gli obiettivi di prestazione, prevalenti nei bambini con difficoltà di apprendimento, poiché danno valore soprattutto ai risultati, possono suscitare facilmente scoraggiamento e disimpegno se essi sono negativi (Dunn e Shapiro 1999); gli obiettivi di padronanza invece, poiché spingono a studiare soprattutto per il desiderio di apprendere nuove cose, sono più funzionali ad un apprendimento positivo e a un maggior impegno di fronte alle difficoltà, e andrebbero sostenuti e sviluppati. La fiducia nella propria intelligenza, e la concezione che si ha dell’intelligenza è un altro aspetto da considerare. Questo aspetto è stato approfondito nel tentativo di capire perché alcuni ragazzi si spaventano di fronte agli ostacoli posti da un compito, mentre altri li vivono come una sfida alle proprie abilità e un’occasione per imparare (Dweck 2000). Secondo vari studi questo dipende dal modo di vedere le proprie abilità e la propria intelligenza, e dal significato attribuito al successo. Secondo una visione “entitaria”, l’intelligenza, e le abilità che ne conseguono, è un’”entità” statica che si possiede, e che non si può modificare, né migliorare. Al contrario, secondo una teoria “incrementale”, l’intelligenza si può accrescere e migliorare attraverso l’apprendimento. Chi ha una visione entitaria dell’intelligenza tende a considerare un compito da svolgere come una situazione in cui viene giudicato per le sue capacità, e in cui quindi se fallisce, poiché è convinto di non poterle ulteriormente sviluppare, pensa anche di non poter migliorare i propri risultati. Invece, chi ha una visione incrementale dell’intelligenza vede un compito anche come un’occasione di imparare ed accrescere le proprie abilità, e considera comunque positivo e stimolante mettersi alla prova, impegnarsi per apprendere cose nuove e sviluppare abilità e conoscenze. In questa visione c’è una maggiore fiducia e speranza di poter imparare e superare le difficoltà, e un minor timore di essere giudicati negativamente, perché la valutazione che si ottiene in un compito è vista come un indice di come sia stato svolto, e non come una valutazione su di sé, cosa che renderebbe l’eventuale fallimento molto più pesante e distruttivo. |
In quest’ottica, quindi, un compito che presenti delle difficoltà può essere anche motivante, perché può costituire per il bambino una “sfida” che lo spinge ad attivare nuove strategie per risolvere i problemi. È molto importante quindi mostrare fiducia nelle capacità del bambino, e fargli capire che un risultato positivo in un compito dipende da lui, e da cause interne e controllabili con l’impegno. Così lo si aiuterà a sviluppare un senso di responsabilità e competenza, sostenendolo nel suo percorso di apprendimento, con l’obiettivo di renderlo però sempre più autonomo, e di fargli sviluppare abilità metacognitive e di regolazione emotiva sempre più raffinate e complesse, secondo un principio che è ben riassunto nelle parole di Maria Montessori: “Aiutami a fare da solo”. Naturalmente, perché questo possa avvenire nel migliore dei modi è necessaria una collaborazione tra genitori, psicologi e insegnanti, ed è fondamentale che tutte queste figure significative per il bambino condividano la fiducia nelle sue possibilità di apprendimento. Un bambino, infatti, è molto influenzato dalle percezioni e dalle aspettative che gli altri hanno nei suoi confronti, tanto da uniformare ad esse il concetto di sé, per cui, se esse sono positive, ne è molto aiutato, mentre se sono negative ne può essere fortemente ostacolato, poiché può facilmente accettarle e considerarle vere e non modificabili (Wong 1994). |