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Da tutti gli aspetti considerati emerge quanto sia sempre fondamentale la qualità della relazione tra il bambino e le persone per lui significative, nel determinare una visione positiva di sé e delle sue capacità, legata alla condivisione di sentimenti di fiducia, alla sensazione di essere ascoltato, compreso e amato. |
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Oltre alla relazione con gli adulti, è molto importante per il bambino anche quella con i coetanei. I bambini con difficoltà di apprendimento possono infatti avere problemi nel rapporto con i compagni, a causa delle loro difficoltà cognitive ed emotive. A volte possono essere rifiutati dai compagni, o possono loro stessi non riuscire a mettersi in relazione con loro, e a gestire le situazioni comunicative in modo positivo, generando un’interruzione della comunicazione e un circolo vizioso negativo, che è molto importante riuscire a interrompere il prima possibile (Pearl e Cosden 1982, Wong 1996, Vaughn e Hogan 1994). |
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![]() Per poter modificare queste situazioni negative, è importante comprendere le problematiche comunicative dei bambini con difficoltà di apprendimento. Questi bambini possono, a causa dei loro problemi cognitivi ed emotivi, avere difficoltà a interpretare correttamente i contesti sociali e relazionali. L’elaborazione dell’informazione sociale infatti coinvolge sia le capacità cognitive che quelle emotive; essa consiste nel codificare, rappresentare mentalmente e interpretare i segnali sociali in una situazione, nel chiarire i propri obiettivi, nel cercare le risposte sociali possibili, nel decidere quale risposta attuare, e nel metterla in atto (Dodge, 1986, 1991; Crick e Dodge, 1994; Gifford-Smith e Rabiner, 2004; Lemerise e Arsenio, 2000). Essa è influenzata da processi mentali (memoria, attenzione selettiva) e affettivi, in particolare la regolazione emotiva, e i legami affettivi (di attaccamento). Secondo Bowlby (1969, 1973) l’attaccamento è il primo legame affettivo che il bambino forma con la madre, o con la persona che più si prende cura di lui. La capacità di questa figura di riferimento di rispondere in maniera più o meno adeguata ai bisogni del bambino, e ai segnali che il bambino usa per esprimerli, determinerà la natura della loro relazione, che il bambino interiorizzerà con la formazione di “schemi” interni attraverso cui il bambino “pensa” a sé e alle persone per lui significative, e che regolano le relazioni future del bambino con se stesso e con gli altri. Così, se la madre è affidabile e disponibile, emotivamente sensibile ai segnali e ai bisogni del bambino, e capace di rispondervi in modo appropriato, si stabilirà tra madre e figlio un attaccamento sicuro, ovvero una relazione in cui prevalgono visioni positive di sé, e aspettative positive riguardo ai comportamenti altrui (“Sono amato da mia madre, dunque merito di essere amato”). Se invece la madre è incoerente o inaffidabile, e non in sintonia emotiva con il bambino, tenderà a svilupparsi un attaccamento insicuro, legato a visioni negative di sé e degli altri (Sroufe e Fleeson, 1986). Un attaccamento sicuro, a sua volta, favorirà un’elaborazione dell’informazione sociale competente, accurata e adattativa; al contrario, un attaccamento insicuro favorirà un’elaborazione dell’informazione disfunzionale, con interpretazioni ostili o aggressive (Demulder et al., 2000; Laible e Thompson, 1998; Price e Landsverk, 1998). Dunque, l’elaborazione dell’informazione sociale è migliore, quando buone capacità cognitive, e di regolazione emotiva, consentono al bambino di fornire interpretazioni diverse e più positive di una situazione, di immaginare una gamma ampia di intenzioni da attribuire ai coetanei, e di esiti possibili di una interazione, e di trovare una maggiore quantità, e qualità, di risposte sociali efficaci e competenti. Questa capacità di elaborazione nei bambini con difficoltà di apprendimento può essere limitata dalle carenze cognitive ed emotive. Problemi cognitivi infatti, come una bassa capacità di memoria, o di attenzione, possono rendere difficile tener conto dei vari elementi presenti in un contesto, e di conseguenza poter dare “letture” diverse di una situazione; anche problemi emotivi, come l’ansia, la depressione, o una bassa capacità di regolazione emotiva, possono influenzare molto la valutazione che si dà di una situazione, impedendo di vederla da prospettive differenti, e di interpretarla in maniera corretta e flessibile (Bauminger et al., 2005; Tur-Kaspa, 2004; Tur-Kaspa e Bryan, 1994; Saarni, 1999). Tutte queste difficoltà, determinando una bassa sensibilità ai segnali sociali, e una gamma limitata di visioni di una situazione, possono dunque portare i bambini con difficoltà di apprendimento a interpretare le intenzioni dei loro coetanei, e i possibili esiti di un’interazione, in modo molto rigido, e solo come “bianchi o neri”, ossia, amichevoli o ostili, e a trovare con maggior fatica soluzioni sociali competenti |
Proviamo a fare un esempio. Immaginiamo una situazione sociale “tipica” che può presentarsi a scuola: un bambino vorrebbe partecipare a un gioco con altri bambini. Il bambino, dunque, vede due coetanei che giocano insieme a palla, si avvicina e vorrebbe iniziare a giocare con loro, ma i due bambini apparentemente lo ignorano, continuando a giocare e non coinvolgendolo nel gioco. Il bambino può dare varie interpretazioni del loro comportamento, ostili o aggressive (“continuano a giocare senza invitarmi a unirmi a loro perché non mi vogliono…perché ce l’hanno con me”) o positive, non ostili (“continuano a giocare senza invitarmi perché sono troppo presi dal gioco…perché non mi conoscono bene”). Queste diverse interpretazioni influenzeranno la gamma di risposte che potrebbe poi mettere in atto, che possono andare da quelle competenti (chiedere gentilmente ai bambini di giocare con loro), a quelle che coinvolgono una terza persona (farsi aiutare dall’insegnante a parlare con i bambini), a quelle passive-evitanti (sedersi a guardare giocare i bambini), a quelle aggressive (portare via la palla ai bambini, dare fastidio). È facile intuire, quindi, quanto le risposte immaginate e attuate dal bambino in una situazione sociale possano influenzarla positivamente o negativamente; e si è riscontrato in vari studi (tra cui Bauminger e Kimhi-Kind, 2008) che i bambini con difficoltà di apprendimento hanno maggiori problemi nel trovare le risposte appropriate. Dunque, come aiutare questi bambini a gestire meglio le loro relazioni? Anche in questo caso, far sperimentare ai bambini stati d’animo ed emozioni positive contribuisce notevolmente a permettere loro di vivere le situazioni sociali con meno ansia, meno stress e di interagire con i coetanei in modo più efficace e competente. È necessario inoltre anche aiutare il bambino, nel rapporto con gli altri (così come abbiamo già visto per le difficoltà scolastiche) a riflettere sulle emozioni proprie e altrui. Questo può consentire infatti, nei momenti in cui il bambino si trova in difficoltà con i compagni, di non farsi sopraffare dalla paura o dall’ansia, di cercare e sperimentare differenti strategie relazionali, di dare varie interpretazioni di una situazione, più positive che ostili o aggressive, di riconoscere e “leggere” meglio le emozioni delle altre persone, senza fraintenderle o interpretarle in modo negativo (Bauminger, Schorr-Edelsztein e Morash, 2005; Frederickson e Furman, 2001, Tur-Kaspa, 2002). Quindi, aiuteremo il bambino a comprendere che i comportamenti dei compagni si possono leggere in modi differenti, che anche quando le interazioni con gli altri sembrano problematiche le si può gestire in modi più positivi, e si possono trovare dei modi per capire meglio le emozioni degli altri, e comunicare le proprie. È importante, inoltre, intervenire non solo sul bambino in difficoltà, ma anche sul gruppo di coetanei di cui fa parte, creando situazioni di collaborazione e cooperazione tra il bambino e i compagni, che migliorino il clima emotivo della classe e il rapporto tra gli alunni; infatti, il dialogo con i compagni, e le esperienze di cooperazione nelle attività scolastiche, sono fondamentali e formative, poiché insegnano che, se in alcune attività è necessario essere autonomi, in altre si può collaborare nel costruire insieme la propria conoscenza, e nel realizzare dei progetti comuni, dando ciascuno il proprio prezioso contributo.
Foto di W. Eugene Smith |