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 Linee guida per l’intervento: il caso di G.

 La valutazione si  conclude con una “restituzione” ai genitori, con l’obiettivo di condividere una spiegazione delle principali difficoltà del bambino e una “messa a fuoco” dei talenti e delle strategie che il bambino è stato in grado di costruire. Per i genitori è importante comprendere che cosa si può fare per attenuare le difficoltà del bambino e potenziare i suoi processi di apprendimento. Nella nostra pratica il report che consegniamo ai genitori ha alcune linee guida per l’intervento.

Vediamo le linee guida  a proposito del caso di G., un bambino in cui il disturbo di lettura si inserisce in una storia di lieve disturbo del linguaggio che ha un po’ compromesso la fluenza del discorso e le abilità narrative; anche le abilità sociali di G. sono un po’ carenti.

G. ha bisogno di lavorare su tre punti prioritari:  1) velocizzare la lettura e rendere più corretta la scrittura; 2) utilizzare le abilità narrative per costruire un proprio modo di parlare di sé con gli altri e per utilizzare l'accesso a parole poco familiari e strutture frasali complesse; 3) esercitare la memoria fonologica a breve termine, la memoria di lavoro verbale e la capacità di alternare procedure e regole diverse.

Per rendere più corretta la scrittura sarebbe necessario lavorare ad un potenziamento sia dell’abilità di segmentazione fonemica (analizzare parole in fonemi), sia della capacità metacognitiva di monitorare la correttezza della scrittura di parole.

Per velocizzare la lettura sembra importante rendere rapido il processo di fusione fonemica: ascoltare una sequenza di fonemi isolati e decidere rapidamente se la sillaba scritta al computer è corretta o no; ascoltare una sequenza di sillabe isolate e decidere rapidamente se la stringa scritta al computer è corretta o no. E’ inoltre importante favorire la costruzione di memorie ortografico-lessicali con una presentazione tachistoscopica di parole (attraverso software adeguato) per abituare G. – a partire da parole corte e procedendo con parole lunghe-   a elaborare velocemente e in parallelo le caratteristiche visive delle lettere usando così una procedura di lettura lessicale piuttosto che fonologica.

La sicurezza emotiva di G.  potrebbe accrescersi (e dunque anche la sua autostima) grazie a un’aumentata possibilità di esprimere più apertamente dispiaceri, rabbie, gelosie, preoccupazioni. Qualsiasi racconto su episodi capitati a scuola, su ricordi dell’infanzia, su esperienze condivise con i genitori dovrebbe essere colto come un’occasione di riflettere insieme sul mondo e sui sentimenti, piuttosto che come un “esercizio” linguistico.

G. andrebbe aiutato anche a rafforzare il gusto di esplorare e di fare ipotesi senza paura di essere valutato. Insomma il raccontare può facilitare uno sviluppo della consapevolezza delle proprie emozioni; condividere emozioni anche negative può contribuire a una maggiore sicurezza emotiva. 

Lo stabilire relazioni di amicizia con compagni della sua età gioverebbe molto a G. e potrebbe iniziare dal riconoscere che anche giochi non particolarmente appassionanti possono essere un’occasione per conoscere meglio persone che desideriamo incontrare e con cui ci piacerebbe parlare.

Perché sono qui?

Abbiamo finora esposto le pratiche della valutazione dei disturbi dell’apprendimento senza tener molto in considerazione un punto di vista “soggettivo” del bambino. Che cosa pensa e come vive il bambino la situazione della valutazione? E l’adulto, oltre ad avere la finalità di comprendere e interpretare la natura del disturbo d’apprendimento del bambino, come vive la situazione? Soltanto come un contesto in cui si pratica un’analisi di abilità e funzioni cognitive o anche come una situazione in cui inizia un processo di conoscenza emotivo-cognitiva che costituisce la premessa per aiutare il bambino a rafforzare un senso di sé, del proprio valore e della propria competenza?

 “Laboratorio della volpe rossa” è il nome con cui il nostro servizio si presenta ai bambini, prima ancora di incontrarli, attraverso un depliant che i genitori possono leggere insieme al bambino preparandosi all’incontro iniziale. Il depliant contiene un breve testo: “In questo laboratorio ci alleniamo per utilizzare al meglio le grandi risorse di intelligenza e sensibilità emotiva che sono presenti in ogni bambino e in ogni bambina”. Ci presentiamo come un luogo in cui si fanno allenamenti (i test e altre attività) per scoprire come utilizzare meglio le proprie risorse. Cerchiamo di comunicare ai bambini che ogni essere umano ha grandissime risorse che non sono pienamente utilizzate e che noi vogliamo scoprire insieme al bambino che cosa risulta facile e che cosa invece è necessario allenare meglio per poter “far funzionare bene” le nostre ricchezze.

Con ogni bambino cerchiamo di arrivare a parlare delle emozioni con cui vengono vissute le proprie difficoltà. La domanda con cui sondiamo questa possibilità di discorso è: “secondo te che cosa ti riesce bene a scuola e che cosa ti riesce meno bene?”. Il momento in cui questa domanda viene fatta dipende dalla percezione che l’adulto ha del livello di fiducia che si è creato nella relazione col bambino. La fiducia si crea, come ci insegna la teoria dell’attaccamento, dall’esperienza che il bambino fa di venire compreso dall’adulto. Se abbiamo saputo mitigare le emozioni negative che il bambino può provare facendo un test, se abbiamo saputo infondere coraggio, se abbiamo apprezzato lo sforzo, se abbiamo rispettato un bisogno di pausa e di riposo, se si è creato uno spazio per lo scherzo, se abbiamo tenuto in considerazione il diritto del bambino di capire perché gli stiamo chiedendo di fare un determinato esercizio, allora è molto probabile che si crei una relazione di fiducia. Quando questo è avvenuto con G., è stato il bambino stesso a volerci parlare delle proprie difficoltà.

 

MO :    non c’hai mai parlato del leggere, come ti sembra il leggere a te? ti pia… ti pia:ce, com’è?

G. :     non tanto… non mi piace tanto, però per me è difficile.

MO :    ah, per te è difficile?

G. :     ecco perché sono venuto qui.

MO :    ah::

G. :     perché non capisco a leggere.

MO :    non… come non capisci il leggere?

G. :     quando leggo, dopo capiscio capisco poche cose.

MO :    ah:. forse perché ti: ti impegni molto a cercare di leggere bene ],

G. :     <[=! annuisce] [<]

MO :    allora è come se non ti rimane lo spazio per ]

G. :    

MO :    capire le cose che leggi?

G. :     sì.

MO :    ]

G. :    

MO :    mh:.

G. :     e sbaglio.

La fiducia nella relazione bambino-adulto ha creato una nuova apertura che ha permesso a G. di parlare della vergogna e consentirà all’adulto di proporre alcune idee: non esistono esseri umani perfetti,  ognuno ha qualche abilità che deve essere particolarmente allenata per funzionare al meglio; G. si sta concentrando molto sulle cose che non sa fare perfettamente ma sta dimenticando che ci sono tante altre cose che sa fare bene. 

Questo articolo è un adattamento di capitoli del volume di Orsolini, Fanari e Maronato (2005) Difficoltà di lettura nei bambini (Editore Carocci), del volume di Orsolini (a cura di) (2011) Quando imparare è più difficile: dalla valutazione all’intervento (Editore Carocci)

 

Riferimenti bibliografici

PLOMIN, R. & KOVAS, Y. (2005). Generalist Genes and Learning Disabilities. Psychological Bulletin,131 (4), 592–617.